Autrice: Marina Di Guardo
Genere: Thriller – Drammatico – Sentimentale
Età consigliata: 18-99 anni
Anno di pubblicazione: 2020

<<Orwell diceva che la via più rapida per porre fine a una guerra è quella di perderla. Ma tu non vuoi perdere, giusto? Quindi devi prepararti a un combattimento lungo e articolato. Io credo in te, sono sicura che ce la farai>>.
Trama:
Irene, giovane illustratrice di talento, vive da anni ostaggio del marito Gianluigi, manager geloso e violento; convinta, come tante altre vittime di violenza domestica, di meritarsi la semi-segregazione a cui lui la costringe a forza di minacce e lividi.
All’indomani dell’ennesimo litigio, grazie al sostegno di Alice – l’amica di lunga data trasferitasi prima a Roma, poi a Londra – Irene trova finalmente il coraggio di ribellarsi: mentre il marito è al lavoro, carica in macchina la loro figlia Arianna, di 9 anni e mezzo, e scappa da Milano per rifugiarsi in un piccolo paese di provincia, nella casa della sua infanzia che i genitori le hanno lasciato in eredità. Gianluigi, però, la rintraccia prima del previsto e le ordina di tornare, preannunciando ritorsioni di ogni genere. Irene sente le forze già esili cedere, ma nel paese scopre insperati alleati: un’anziana vicina di casa, un negoziante che forse ha un debole per lei, un poliziotto estremamente premuroso…
Purtroppo, inquietanti incidenti minacciano presto la serenità che sperava tanto di poter ricostruire. Irene, nonostante tutto, cerca faticosamente di rimettere insieme i cocci della sua vita … Ma fino all’ultima pagina, il destino sembra accanirsi ininterrottamente contro di lei e chiunque la circondi.
Recensione:
Quando sei bambino, consideri i tuoi genitori come un porto sicuro in cui rifugiarsi, a prescindere; peccato che, talvolta, la realtà risulti molto più complicata di come vorremmo immaginarcela. Un’infanzia serena, perlomeno nella maggioranza dei casi, è determinante per la formazione di una personalità equilibrata e consapevole, benché non esente da fragilità e difetti, come tutte: Marina Di Guardo ce lo dimostra in ogni momento, sia col suo esempio di maternità, sia con i suoi romanzi.
La memoria di Irene ha inconsciamente selezionato i ricordi migliori della sua infanzia, legati a suo padre Arduino, affettuosissimo e presente, che ha cercato in ogni modo di compensare la presenza -assenza di sua moglie, la madre di Irene, soprannominata Mistero Sara: stando a quanto raccontò una zia, si ammalò di schizofrenia subito dopo il parto; una rivelazione con cui la protagonista ha dovuto imparare a convivere, ma che non le ha impedito di provare del risentimento, consapevole e non, nei confronti di quegli occhi spenti e vuoti, di quel corpo che aveva abbandonato la sua anima altrove. Solo da adulta, tramite Lucia, la vicina di casa che aveva sempre abitato lì anche quando c’erano i suoi, in Irene si sbloccherà una consapevolezza agghiacciante: un giorno, senza una causa scatenante né alcun moto di cattiveria, quando aveva 8 anni, sua madre Sara cercò di strangolarla; e non le bastarono le rassicurazioni del padre Arduino sul fatto che Sara non fosse in sé, in quei momenti.
Peraltro, non va tralasciato come l’infanzia di Irene cominci con l’assistere all’omicidio di una compagna di classe, Elena, contesto da cui la sua migliore amica Alice la salva prontamente.
Neanche per la figlia di Irene, Arianna, la situazione è così semplice: si ritrova, all’età di 9 anni e mezzo, in fuga da un padre violento nei confronti della madre e, all’occorrenza, anche nei suoi – stando a quel poco che abbiamo potuto intuire – ; per di più, Irene assume spesso tranquillanti anche in dosi più alte rispetto a quanto sarebbe opportuno, quindi da un certo momento in poi, sono più i momenti che trascorre dalla vicina, Lucia, piuttosto che in casa propria, con la madre.
Viene trattato, con estrema delicatezza ed efficacia, con quello stile crudo, tagliente e al contempo introspettivo ed eloquente tipico della penna di quest’autrice, il tema delle malattie mentali. Soprattutto nel caso di Irene, abbiamo modo di assistere al vortice di emozioni contradditorie che la caratterizzano, legate al sentirsi deboli, sole, fragili; al voler chiedere aiuto senza accettarlo fino in fondo, per orgoglio; al non ritenersi completamente autonome rispetto alla propria mente e, al tempo stesso, al non richiedere innanzitutto il sostegno della figura più competente in questi casi, che Lucia suggerisce, a un certo punto: uno/a psicoterapeuta, e psichiatra, se poi risultasse necessario.
Perché quando si hanno un passato e un presente così ingombranti, sfido chiunque a mantenere la lucidità; il quadro appena tratteggiato porta a pensare che Irene abbia degli scompensi, delle fragilità enormi che l’hanno portata a pensare di meritarsi di essere maltrattata, sminuita, annientata per anni.
La sofferenza che sente ogni volta in cui Arianna parla di volersi ricongiungere col padre, poi, non è da meno; ma si sforza di comprendere la sua posizione di figlia e di bambina, anche con autocritica.
Sempre questi scompensi e queste fragilità portano ad agire secondo la cieca disperazione che animerebbe qualunque essere umano in queste circostanze, anche superando certi limiti; limiti che Alice la incoraggia sempre a superare. Lei, forte, volitiva, realizzata, determinata: tutto ciò che Irene avrebbe voluto essere, forse in un’altra vita; e ciò che, in parte, condanna anche: una cinica donna in carriera che non contempla spazio per uomini, né sentimenti in generale, che non siano amicali.
Devo dire che, per quanto il corso della lettura mi abbia portata ad aspettarmi parte del finale, il resto mi ha colpita con una potenza inaudita, come spesso mi capita con i romanzi thriller e, in particolare, di questa autrice; direi proprio che lo scopo è stato raggiunto.
Valutazione: ⭐⭐⭐⭐
Elena